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CTU: può essere mezzo di prova

In dottrina la CTU (consulenza tecnica d’ufficio) non rappresenta mezzo di prova ma è funzionale alla valutazione della stessa.

Su questo punto la Cassazione (sentenza n. 2663 del 5 febbraio 2013) ha però aperto uno spiraglio interessante affermando, in sostanza, che la CTU rappresenta una fonte oggettiva di prova quando si risolve nell’accertamento di fatti rilevabili unicamente con l’ausilio di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche.

E quindi se la CTU è l’unico strumento per accertare la verità processuale, allora può ben essere assunta dai giudici del merito a fonte di prova, ha considerato la III sezione della Suprema Corte, rinviando la causa alla Corte d’Appello.

Nel caso di specie si trattava di una causa promossa da una proprietaria nei confronti del condominio, per infiltrazioni d’acqua la cui causa era stata scoperta dal consulente; la Corte aveva invece sancito la nullità della CTU perché il professionista non si era limitato ad accertare l’esistenza del danno ma aveva esteso l’indagine sino a scoprirne la causa.

Rendita catastale in ritardo? chi ha avuto ha avuto ha avuto…

Anche se ha attribuito la rendita catastale dopo anni, l’Agenzia del Territorio non deve risarcire il contribuente che ha pagato un importo maggiore sulla base dei valori contabili e questo perché l’attribuzione di rendita non è mai retroattiva.

Lo ha ribadito la Corte di cassazione che con la sentenza n. 1594 del 23 gennaio 2013 ha respinto il ricorso di una società che aveva pagato l’Ici su diversi capannoni industriali, appunto sulla base di valori contabili, perché la rendita era stata attribuita solo molti anni dopo la richiesta.

Insomma, nel caso di un fabbricato della cat. D, mentre prima della richiesta di rendita il proprietario è tenuto ad applicare il regime del valore contabile, dopo questa può doversi trovare a pagare una somma maggiore (se accertato in tal senso) ma anche a dover pagare una somma minore, e quindi chiedere il rimborso, nei termini di legge, di quanto pagato in più.



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Privacy nel parcheggio? ma no!

Telecamere nel parcheggio comune? si può, anche senza l’ok dell’assemblea.

La Cassazione (II sez. – sent. n. 71 del 3/1/2013) ha ritenuto che un condòmino possa installare, senza il preventivo consenso dell’assemblea, una telecamera nel parcheggio oggetto di furti, con diritto al rimborso delle spese sostenute.

Non c’è violazione della privacy perché l’area condominiale destinata a parcheggio, trattandosi di luogo destinato all’uso di un numero indeterminato di persone,  è esclusa dalla tutela di cui all’art. 615 bis cod. pen.

Attenti con le finestre

Un tale sostituisce le finestre con infissi che si aprono all’esterno, direttamente sulla terrazza del fabbricato attiguo e il vicino naturalmente si arrabbia; verrebbe voglia di solidarizzare.

Però, secondo la Cassazione (sent. 17680/12) il proprietario della terrazza non può ottenere la rimozione dell’opera se gli sporti sono collocati a un’altezza tale da escludere ogni pericolo per chi occupa l’area, essendo escluso che si configuri una servitù passiva derivante dal montaggio di infissi, che prescinde dal relativo diritto di veduta.

E allora il proprietario della terrazza dovrà rassegnarsi ai battenti che sporgono nella sua proprietà, in quanto non possono essere fonte di danno per chi si muove sul terrazzo, considerato che le finestre sono poste ad altezza molto superiore a quella di una persona adulta.

 



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Ma dov’è ‘sto confine?

Le mappe catastali sono un criterio sussidiario per l’azione di regolamento di confini, che può essere definita dal giudice mediante i rilievi compiuti sul terreno e sulla base del piano regolatore.

Lo dice la Cassazione con la sentenza n. 19093 del 6 novembre 2012, in cui ha respinto il ricorso di un proprietario che lamentava una costruzione edificata a soli m 4,50 metri dalla sua, in violazione delle norme comunali.

In realtà questa è una decisione conforme a tante altre, le quali ribadiscono che il giudice ha un ampio potere di scelta e di valutazione dei mezzi probatori acquisiti al processo, e che le indicazioni delle mappe catastali costituiscono un sistema di accertamento di carattere meramente sussidiario, rilevante solo in assenza di altri elementi idonei alla determinazione del confine.

E quindi?

Quindi, in casi del genere, prima di andare dall’avvocato è utile affidarsi ad un geometra esperto, meglio se perito del Tribunale, che sappia valutare tutti gli elementi prima di mettere mano alla verifica delle mappe; così si potrà evitare di promuovere una costosa azione giudiziaria basata su presupposti insufficienti.

 



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Attenzione ai rami sporgenti

Ma come, sono tanti anni che i rami dell’albero si allungavano nella proprietà del vicino, e ora il giudice ha stabilito che devo tagliarli?

E’ così: la Cassazione (sent. 14632 del 2012) ha ribadito che questo diritto non  può essere usucapito, precisando che «il diritto di far protendere i rami degli alberi del proprio fondo in quello confinante non può essere acquistato per usucapione perché l’art. 896 c.c. implicitamente lo esclude, riconoscendo espressamente al proprietario del fondo sul quale si protendono il potere di costringere il vicino a tagliarli in qualunque tempo. Né rileva la sussistenza di muro divisorio, proprio o comune, esistente sul confine, in quanto, ai sensi dell’art. 892 u. co. c.c., le piante devono essere tenute, in ogni caso, ad un’altezza che non ecceda la sommità del muro stesso».

 



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Locatore troppo tollerante? nulla è perduto!

Chi tollera che il conduttore paghi perennemente in ritardo perde qualche diritto?

Fortunatamente no secondo la Cassazione, che con la sentenza n. 9311 del 2112 ha ribadito che la tolleranza del locatore a ricevere i pagamenti del canone irregolarmente, anche per un lungo periodo di tempo, sospende ma non “azzera” la clausola risolutiva contenuta nel contratto.

Questa, tuttavia, per ridiventare operante dovrà essere oggetto di una nuova manifestazione di volontà, cioè una bella raccomandata con cui il padrone di casa richiami l’inquilino all’esatto adempimento delle sue obbligazioni.

E quindi: tolleranza va bene, ma con giudizio!

Aggiornamento ISTAT? locatori, non siate pigri!

L’aggiornamento ISTAT al canone di locazione non può essere automatico, secondo la Corte di Cassazione (sent. n. 3014 del 28 febbraio 2012);  anche se nel contratto le parti hanno escluso la necessità della richiesta del locatore, tale clausola è nulla.

E quindi il locatore pigro non ha diritto a percepire l’aggiornamento: basta scrivere una raccomandata, checcevò?