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Fotovoltaico e catasto

Premessa: si tratta di una questione che, come spesso accade quando vi è una successione di norme diverse, alla fine forse non è così chiara come dovrebbe essere, e quindi è utile riassumere i termini della questione, particolarmente per quanto riguarda gli immobili non residenziali.

Impianto ‘a terra’ oppure su tetto o lastrico solare?

La normativa vigente non prevede, sempre e comunque,  l’accatastamento di un impianto fotovoltaico installato sul tetto o sul lastrico solare di un edificio, come vedremo.

L’obbligo di accatastamento autonomo (nella categoria D/1) degli impianti fotovoltaici ‘a terra’ è stato – da ultimo – chiarito dalla circ. 36/E del 2013 dell’Agenzia delle Entrate; nel caso, invece, di un IFV su tetto o lastrico solare di un edificio a destinazione non residenziale, non sussisteva l’obbligo, essendo questo assimilabile agli impianti di pertinenza degli immobili.

E allora?

In questo caso l’indicazione da seguire era di valutare se l’impianto fotovoltaico aveva incrementato il valore dell’immobile (o la sua redditività ordinaria – cioè la rendita catastale) del 15% o più rispetto al valore originario; in questo caso il proprietario avrebbe dovuto presentare apposita variazione all’Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate).

Ma adesso è ancora così?

Beh, non proprio.

La L. 208/2015 (cioè la legge di stabilità per il 2016) all’art. 1 comma 21 ha previsto sostanziali cambiamenti per la determinazione della rendita catastale dei fabbricati censiti nelle categorie catastali dei gruppi D ed E; a seguito di queste modifiche l’AdE prontamente emetteva la circ. n. 2/E del 2016 in cui precisava le modalità di presentazione delle denunce di variazione per “scorporo di componenti impiantistiche”.

Tali denunce consentivano di rideterminare la rendita catastale – calcolata com’è noto in base alla stima diretta – detraendo dalla stessa le componenti impiantistiche (“macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo”) cioè i cosiddetti ‘imbullonati’, che potevano quindi essere escluse dal calcolo.

Ma siamo sicuri?

Con la circ. 27/E del 2016, che rispondeva ai quesiti posti dalla stampa specializzata, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata specificamente sulla questione degli IFV, al punto 1.5 che conviene leggere bene.

1.5 Rendita autonoma per gli “imbullonati”

D. A seguito della procedura Docfa prevista dal comma 22 dell’articolo 1 della legge di Stabilità 2016 (per i cosiddetti “imbullonati”), con cui si procede alla deduzione dalla rendita del fabbricato della parte relativa all’impianto fotovoltaico insito sul tetto (non integrato), anche in riferimento a quanto chiarito dalla circolare 2/E del 2016, si deve procedere all’accatastamento individuale autonomo dell’impianto e, in caso positivo, a quali condizioni ciò avviene?

R. Le disposizioni di cui all’art. 1, comma 22, della legge di Stabilità 2016 prevedono la possibilità, da parte degli intestatari catastali degli immobili a destinazione speciale e particolare censibili nelle categorie dei Gruppi D e E, di presentare atti di aggiornamento per la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti, al fine di escludere dalla stima “macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo”.
Con riferimento agli impianti fotovoltaici, l’Agenzia delle Entrate, con circolare n. 2/E del 1° febbraio 2016, ha precisato che tra gli elementi da escludere dalla stima rientrano, ad esempio, gli inverter e i pannelli fotovoltaici, ad eccezione di quelli integrati nella struttura e costituenti copertura o pareti di costruzioni.
La possibilità di presentare atti di aggiornamento per la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti sussiste sia per gli impianti fotovoltaici autonomamente censiti in catasto nella categoria D/1 – Opifici, sia per gli impianti fotovoltaici costituenti pertinenza di unità immobiliari a destinazione diversa comunque censite nelle categorie dei Gruppi D e E.
Quanto alla dichiarazione in catasto delle nuove realizzazioni, occorre preliminarmente osservare che, di norma, un qualsiasi cespite immobiliare, costituito dall’area, dal lastrico solare o dal tetto su cui si erge l’impianto produttivo di energia è dichiarato in catasto come unità immobiliare indipendente quando ordinariamente si riscontra per lo stesso autonomia funzionale e reddituale.
Mentre l’autonomia reddituale, per gli impianti in questione, è ordinariamente verificata, l’autonomia funzionale va tecnicamente riscontrata, verificando gli elementi che ne caratterizzano la delimitazione, l’ordinaria accessibilità, ecc.
Ai sensi dell’art. 1, comma 21, della legge di Stabilità 2016 e alla luce delle precisazioni fornite con circolare n. 2/E del 1° febbraio 2016 dell’Agenzia delle Entrate, a decorrere dal 1° gennaio 2016, per gli impianti fotovoltaici dichiarati autonomamente in catasto, vanno considerate, tra le componenti immobiliari oggetto di stima, il suolo (quando trattasi di impianti a terra), ovvero l’elemento strutturale (solaio, copertura) su cui sono ancorati i pannelli fotovoltaici (quando trattasi di impianti realizzati su costruzioni), gli eventuali locali tecnici che ospitano i sistemi di controllo e trasformazione e le sistemazioni varie, quali eventuali recinzioni, platee di fondazione, viabilità, ecc., posti all’interno del perimetro dell’unità immobiliare.
Con specifico riferimento alle installazioni fotovoltaiche realizzate su edifici e su aree di pertinenza, comuni o esclusive, di fabbricati o unità immobiliari si precisa che non sussiste l’obbligo di accatastamento come unità immobiliari autonome, in quanto possono assimilarsi agli impianti di pertinenza degli immobili.
Laddove tali istallazioni siano pertinenze di unità immobiliari a destinazione speciale e particolare, censite al catasto edilizio urbano nelle categorie dei Gruppi D e E, ai sensi dell’art. 1, comma 21, della legge di Stabilità 2016 e alla luce delle precisazioni fornite con la citata circolare n. 2/E del 1° febbraio 2016 dell’Agenzia delle Entrate, a decorrere dal 1° gennaio 2016, sussiste l’obbligo di dichiarazione di variazione da parte del soggetto interessato, per la rideterminazione della rendita dell’unità immobiliare di cui risulta pertinenza, allorquando le componenti immobiliari rilevanti ai fini della stima catastale di tale impianto ne incrementano il valore capitale di una percentuale pari [o superiore] al 15%.

Sembra tutto abbastanza chiaro, ma se ancora non fossi sicuro su come comportarmi?

La normativa tributaria è notoriamente molto complessa e quella catastale, che deve arrabattarsi a gestire situazioni nuove con metodi antichi, è sicuramente ostica da digerire; però, se non sei sicuro, sai a chi devi rivolgerti: allo specialista della proprietà immobiliare, cioè al Geometra!

Stefano Batisti, geometra libero professionista a Bologna: specialista in catasto e fiscalità immobiliare

Aspettando la riforma del Catasto

La riforma del Catasto arriverà: magari non proprio domattina, anche perché non si vede chi abbia tanta forza da poterla mettere in campo prima delle elezioni, ma si dice che nel giro di un anno sarà pronta (più o meno subito dopo le elezioni del 2018.)

E quindi, cosa fare?

Chi ha qualche situazione in sospeso (vendita, divisione ecc.) è meglio che cominci a programmarli, per evitare di pagare più del previsto: insomma, è meglio che si dia da fare.

Perché è meglio non aspettare?

Ammesso che la riforma venga fatta sempre nel segno dell’invarianza di gettito, è improbabile che i valori catastali diminuiscano  dato che attualmente, nelle nostre zone,  sono ben più bassi dei valori di mercato.

In conclusione?

Se è necessario, quindi, stipulare atti soggetti al pagamento di imposte calcolate sulla base del valore catastale è meglio pensarci subito: noi suggeriamo di cogliere l’occasione per controllare gli immobili sotto il profilo edilizio-urbanistico e catastale, eventualmente regolarizzarli e poi procedere senza pensarci due volte.

Successione da geometra

Questo è un caso vero, ma non farò nomi e leggendo capirete perché.

Una vecchia cliente, che non sento da tempo, mi chiama: è morto il marito, che possedeva un appartamento e un piccolo appezzamento di terreno agricolo: non c’è testamento ed eredi sono la moglie e i due figli.

Il CAF a cui si è rivolta per la successione – quello dove va per il 730 – le ha detto di andare in Comune a chiedere il CDU (certificato di destinazione urbanistica).

La signora non ha tanta voglia di girare per uffici e pensa bene di telefonarmi; la invito in studio e dopo le condoglianze facciamo le visure.

Notiamo subito che sull’appartamento grava ancora l’usufrutto a favore della suocera, morta da tempo: spiego che si dovrà fare la riunione di usufrutto, pratica semplice e veloce e che posso occuparmi anche di questa incombenza.

A questo punto la signora mi chiede se faccio anche le denunce di successione e, appreso che sì, mi occupo anche di queste, mi fa: ma allora faccia tutto lei!

Le dico che se ha già dato l’incarico al CAF non posso accettare, ma mi chiarisce che era andata per informarsi e poi mi chiede: “ma quanto mi fa spendere? perché – continua – al CAF mi hanno detto che in tutto dovrei spendere 4-5.000 euro.”

Preciso subito che non voglio accusare nessuno: relata rèfero, come dicevano i latini.

Faccio una botta di conti: l’appartamento è agevolato, il terreno poca cosa; due volture, la copia in bollo per la banca, il CDU, la rettifica ecc. ecc. e dico: circa 1.000 € fra imposte, diritti e spese e altrettanto di onorari (su questi ultimi gravano Cassa e IVA).

La signora, che prima della pensione era una piccola commerciante, è svelta a fare i conti e conclude: alla fine della fiera praticamente spendo la metà, non devo andare in giro e faccio fare tutto a lei, che conosco e di cui mi fido.

Anche perché, continua, avrò bisogno di essere seguita perché il terreno me l’ha già chiesto un vicino e io vorrei venderglielo volentieri perché prima lo coltivava mio marito e adesso non posso più farlo, ma non so quanto chiedere.

Allora le spiego che, oltre a determinare il valore di mercato, dobbiamo verificare la questione della prelazione agraria (L. 817/71 e s.m.i.) e insomma, alla fine la cliente è stata soddisfatta di essersi rivolta a me.

Perché vi annoio con questa piccola storia di ordinaria umanità (a parte che sono terribilmente vanitoso)?

Perché conferma quanto  vado ripetendo da tempo, e cioè che in ogni successione con immobili il professionista di elezione è il geometra;

non il notaio, non il commercialista, non il CAF, in quanto questi soggetti spesso si rivolgono al geometra per eseguire alcuni adempimenti necessari (quando non se ne dimenticano);

allora tanto vale chiedere subito al geometra, e non solo essere serviti al meglio, ma anche correre il rischio di risparmiare.

Il geometra sa come si fa!

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Riformare il Catasto

NON SERVONO CINQUE ANNI PER RIFORMARE IL CATASTO
Premessa: questo non è un documento tecnico, ma una semplice proposta di buon senso alla portata di tutti, perché pensiamo che i cittadini abbiano soprattutto bisogno di chiarezza.
Qualche giorno fa Attilio Befera, Direttore generale dell’Agenzia delle Entrate (che ora comprende anche l’Agenzia del Territorio) ripeteva che per la riforma del Catasto servonoalmeno cinque anni.
Bisogna capire di quale riforma si parla: per i cittadini – la gente – l’unica riforma del Catasto necessaria è, crediamo, quella che consenta di pagare le imposte legate agli immobili, principalmente IMU e IRPEF, su valori equi, ragionevoli, realistici: oggi, come sappiamo, non è così.
Riguardo all’IMU, il problema lamentato da tutti è che viene calcolata su un importo – il valore catastale – che nella maggior parte dei casi non è equo né realistico.
Il Catasto fu strutturato per censire il reddito normalmente percepibile dagli immobili (la rendita catastale); moltiplicando la rendita per un coefficiente diverso a seconda delle unità, si ottiene il cosiddetto valore catastale che a partire dal 1986 è stato usato per svariati scopi fiscali e oggi per calcolare l’IMU (e prima l’ICI).
Se il dato di partenza – la rendita – non è preciso – e tutti, esperti e non, sanno bene che non lo è, l’uso di coefficienti uguali per tutto il Paese non può che aumentarne l’imprecisione: insomma, il valore catastale il più delle volte non solo è percepito dal cittadino come errato rispetto al valore reale, ma nella maggior parte dei casi èeffettivamente sbagliato e iniquo.
Per le abitazioni (e gli uffici) la cosa è complicata dall’arcaico sistema di calcolo della consistenza a vani: tanto per fare un esempio, a Bologna in un appartamento di categoria A/3 – abitazioni economiche, le più diffuse – una stanza di 9 mq. conta per un vano; se la stanza è 15 mq. vale sempre un vano; se è 20 mq. ancora un vano; insomma, fino a 27 mq. questa stanza conterà sempre e solo per un vano e ciò è semplicemente assurdo, per non parlare di ingresso, disimpegno e ripostiglio – pochi mq. in totale – che presi insieme valgono come un soggiorno di 25 mq.
Tempo fa il Catasto aveva deciso, giustamente, di passare al calcolo a superficie e per le unità denunciate o variate a partire da un certo periodo questo dato è già registrato; tuttavia, poiché anche le planimetrie delle unità di più vecchia costruzione sono disponibili in formato digitale, con un investimento relativamente modesto è possibile procedere all’acquisizione delle superfici catastali per tutte le unità.
Questo è il primo passo verso l’equità; il secondo è determinare i valori di queste unità immobiliari, ma anche per questo il Catasto possiede già i dati necessari, visto che da molti anni raccoglie, elabora e pubblica i valori al mq. degli immobili nell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI).
Qualcuno ora dirà che questi valori sono di massima e quindi non sono molto precisi: questo può essere vero, ma anche adottando gli importi minimi della forbice (min-max) registrata da OMI, i valori catastali delle unità immobiliari ottenuti saranno molto più attendibilidi quelli attualmente in uso.
Ad ogni modo OMI è l’unica banca dati pubblica dei valori immobiliari: è meglio quindi non perdere tempo a teorizzare ben sapendo che non ci sono le premesse necessarie, ma cercare invece una soluzione semplice e veloce per ripristinare l’equità: i cittadini ne saranno soddisfatti.
Per fare questo non servono cinque anni: partendo col piede giusto potrebbe bastare anche solo un anno, purché questo lavoro venga fatto in collaborazione con le categorie professionali (geometri in testa) che già oggi mantengono aggiornato il Catasto, essendo l’attività svolta dall’Agenzia ormai di solo controllo.
Si può obbiettare che certe vecchie planimetrie digitalizzate potrebbero essere imprecise, ma questo non è un problema: il cittadino potrà sempre presentare la denuncia dello stato reale, magari avendo riconosciuto un credito d’imposta a parziale compensazione della spesa.
Con questa nuova struttura, l’aggiornamento dei valori catastali (a cadenza fissa o variabile) diventerà un’operazione semplice e veloce e la relativa imposizione fiscale realmente proporzionale; se la banca dati di OMI diverrà più precisa anche i valori catastali lo saranno.
Naturalmente le aliquote delle varie imposte saranno completamente rimodulate nel senso di perseguire una maggiore equità.
Ma andiamo oltre: con un archivio catastale così preciso e aggiornato lo Stato, le Regioni e i Comuni potranno incoraggiare comportamenti virtuosi ed economicamente vantaggiosi; ad esempio, se di ogni unità immobiliare fosse registrata la classe energetica, le imposte potrebbero essere correlate ad essa, attribuendo alla classe più scadente l’aliquota piena e concedendo riduzioni progressive man mano che la classe migliora.
L’ENEA comunica al Catasto la classe energetica e i Comuni rilevano dal Catasto i dati necessari a stimare con precisione gli incassi IMU, eventualmente decidendo di apportare modifiche alle aliquote in presenza di particolari situazioni e non a casaccio.
Finora abbiamo parlato di abitazioni perché rappresentano la stragrande maggioranza delle unità (92%) ma questa procedura è ovviamente applicabile a tutte le destinazioni: quindi, perché mai attendere una improbabile riforma del Catasto, fra cinque o più anni?
Stefano Batisti
Giancarlo Pedretti
geometri professionisti a Bologna