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IMU sui terreni edificabili: come difendersi

Possedere un terreno edificabile non è, soprattutto in questi ultimi anni, un vantaggio.

Questo perché, a fronte di una  costante diminuzione del valore di questi terreni, tanto da renderne l’utilizzo praticamente impossibile, corrisponde un pesante balzello annuale: l’IMU.

Attenzione: questa non è una lamentela su tasse e imposte; è invece un’analisi della situazione e sulla iniquità di essa, con suggerimenti su come difendersi.

La premessa è importante: i Comuni determinano – il più delle volte – i valori di questi terreni sostanzialmente senza contraddittorio e senza un adeguato supporto scientifico.

La legge istitutiva dice che il valore da considerare è quello …venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione…; prevede anche che il Comune determini ogni anno questi valori, sui quali i contribuenti dovranno pagare l’imposta.

Se i valori determinati dal Comune fossero equi, poco male: si potrebbe discutere sull’opportunità di tassare un bene che non produce reddito e che verrà gravato di pesanti oneri al momento dell’eventuale sfruttamento, ma il principio può essere sostanzialmente condiviso.

In realtà però questo non avviene: i Comuni – il più delle volte – determinano questi importi in maniera sempre più opaca, in funzione delle loro necessità finanziarie e non dei valori di mercato; anche perché di fatto non esiste un mercato delle aree edificabili.

Se non esiste un mercato, il valore deve essere ricavato – come insegnano dottrina e prassi – col calcolo del valore di trasformazione; in sintesi e semplificando, si raccolgono e analizzano i prezzi medi di vendita degli immobili che possono essere edificati nel terreno in esame; da tali prezzi si detraggono tutti gli oneri, diretti e indiretti, attinenti e relativi allo sfruttamento edificatorio; ciò che resta è il valore medio (cioè il più probabile valore venale) delle aree edificabili.

Il procedimento è concettualmente semplice e logicamente fondato; nessuno può ragionevolmente sostenere il contrario.

Facciamo un esempio calato nella realtà di un incarico che ho recentemente svolto, cioè calcolare i più probabili valori venali di un comparto edificatorio dal 2014 in poi; i risultati sono stati veramente interessanti.

Senza entrare nel dettaglio dei numeri, ragioniamo un attimo: nel periodo considerato  i prezzi di vendita degli immobili sono diminuiti del 10% e più; i costi di costruzione sono aumentati del 3% circa; cosa significa?

Significa che dal 2014 ad oggi il valore delle aree edificabili di cui stiamo parlando è diminuito e di molto (si è circa dimezzato); secondo voi il Comune ha diminuito il valore su cui calcolare l’IMU? No? Bravi, avete indovinato!

Non vogliamo dire che tutti i Comuni facciano così, però quelli che hanno abbassato i valori IMU si contano forse sulle dita di una mano e certo non li hanno dimezzati; la stragrande maggioranza li ha lasciati inalterati.

Dopo avere esaminato questo aspetto (cioè la riduzione che il Comune avrebbe dovuto applicare) ho esaminato se il valore adottato dal Comune all’inizio del periodo preso in esame era corretto, sempre procedendo al calcolo del valore di trasformazione.

In realtà non lo era: il valore usato dal Comune era dal doppio al triplo del valore calcolato correttamente, cioè con un procedimento scientifico.

Sintesi: se il Comune nel 2014 chiedeva 100 e questo valore fosse stato corretto, negli anni successivi avrebbe dovuto diminuirlo progressivamente sino ad arrivare a circa 50.

Ma siccome 100 non era corretto (in media il valore corretto era 40) nel tempo avrebbe dovuto esigere molto meno e oggi dovrebbe chiedere 20; ogni commento è superfluo.

Cosa può fare il cittadino di fronte a questa situazione?

Se ha sempre pagato su 100, può regolarsi per il futuro; col supporto di una adeguata perizia estimativa può comunicare al Comune che non pagherà più su 100 ma su un valore inferiore, restando disponibile al contraddittorio.

Se invece ha già un contenzioso aperto sul punto, molto dipende da quali argomentazioni ha svolto per giustificare il minor importo pagato; comunque sia, è sempre necessaria una perizia estimativa specializzata con la quale chiarire analiticamente e quindi giustificare il motivo della autoriduzione praticata.

Consiglio di fare predisporre la perizia di supporto da un valutatore immobiliare esperto e certificato UNI, che possa esporre dati e procedimenti con evidenza scientifica; altrimenti diventerebbe una discussione fra chi la spara più grossa, come ricorda il celebre aforisma di W. E. Deming: “Senza dati sei solo un’altra persona con un’opinione” (Without data you’re just another person with an opinion).

IMU e fabbricato non ultimato

Per fabbricato in corso di costruzione (F/3) l’Imu da pagare è quella dell’area edificabile su cui il fabbricato viene costruito; se il fabbricato è «finito» ma ancora senza abitabilità/agibilità l’Imu è comunque dovuta.

Secondo il TAR Calabria (sent. n. 530/2013) l’accatastamento del fabbricato, anche se non ultimato, equivale a utilizzazione dello stesso e implica pertanto l’applicazione dell’Imu sull’unità immobiliare costruita, anche se priva del certificato di abitabilità.

 

Riformare il Catasto

NON SERVONO CINQUE ANNI PER RIFORMARE IL CATASTO
Premessa: questo non è un documento tecnico, ma una semplice proposta di buon senso alla portata di tutti, perché pensiamo che i cittadini abbiano soprattutto bisogno di chiarezza.
Qualche giorno fa Attilio Befera, Direttore generale dell’Agenzia delle Entrate (che ora comprende anche l’Agenzia del Territorio) ripeteva che per la riforma del Catasto servonoalmeno cinque anni.
Bisogna capire di quale riforma si parla: per i cittadini – la gente – l’unica riforma del Catasto necessaria è, crediamo, quella che consenta di pagare le imposte legate agli immobili, principalmente IMU e IRPEF, su valori equi, ragionevoli, realistici: oggi, come sappiamo, non è così.
Riguardo all’IMU, il problema lamentato da tutti è che viene calcolata su un importo – il valore catastale – che nella maggior parte dei casi non è equo né realistico.
Il Catasto fu strutturato per censire il reddito normalmente percepibile dagli immobili (la rendita catastale); moltiplicando la rendita per un coefficiente diverso a seconda delle unità, si ottiene il cosiddetto valore catastale che a partire dal 1986 è stato usato per svariati scopi fiscali e oggi per calcolare l’IMU (e prima l’ICI).
Se il dato di partenza – la rendita – non è preciso – e tutti, esperti e non, sanno bene che non lo è, l’uso di coefficienti uguali per tutto il Paese non può che aumentarne l’imprecisione: insomma, il valore catastale il più delle volte non solo è percepito dal cittadino come errato rispetto al valore reale, ma nella maggior parte dei casi èeffettivamente sbagliato e iniquo.
Per le abitazioni (e gli uffici) la cosa è complicata dall’arcaico sistema di calcolo della consistenza a vani: tanto per fare un esempio, a Bologna in un appartamento di categoria A/3 – abitazioni economiche, le più diffuse – una stanza di 9 mq. conta per un vano; se la stanza è 15 mq. vale sempre un vano; se è 20 mq. ancora un vano; insomma, fino a 27 mq. questa stanza conterà sempre e solo per un vano e ciò è semplicemente assurdo, per non parlare di ingresso, disimpegno e ripostiglio – pochi mq. in totale – che presi insieme valgono come un soggiorno di 25 mq.
Tempo fa il Catasto aveva deciso, giustamente, di passare al calcolo a superficie e per le unità denunciate o variate a partire da un certo periodo questo dato è già registrato; tuttavia, poiché anche le planimetrie delle unità di più vecchia costruzione sono disponibili in formato digitale, con un investimento relativamente modesto è possibile procedere all’acquisizione delle superfici catastali per tutte le unità.
Questo è il primo passo verso l’equità; il secondo è determinare i valori di queste unità immobiliari, ma anche per questo il Catasto possiede già i dati necessari, visto che da molti anni raccoglie, elabora e pubblica i valori al mq. degli immobili nell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI).
Qualcuno ora dirà che questi valori sono di massima e quindi non sono molto precisi: questo può essere vero, ma anche adottando gli importi minimi della forbice (min-max) registrata da OMI, i valori catastali delle unità immobiliari ottenuti saranno molto più attendibilidi quelli attualmente in uso.
Ad ogni modo OMI è l’unica banca dati pubblica dei valori immobiliari: è meglio quindi non perdere tempo a teorizzare ben sapendo che non ci sono le premesse necessarie, ma cercare invece una soluzione semplice e veloce per ripristinare l’equità: i cittadini ne saranno soddisfatti.
Per fare questo non servono cinque anni: partendo col piede giusto potrebbe bastare anche solo un anno, purché questo lavoro venga fatto in collaborazione con le categorie professionali (geometri in testa) che già oggi mantengono aggiornato il Catasto, essendo l’attività svolta dall’Agenzia ormai di solo controllo.
Si può obbiettare che certe vecchie planimetrie digitalizzate potrebbero essere imprecise, ma questo non è un problema: il cittadino potrà sempre presentare la denuncia dello stato reale, magari avendo riconosciuto un credito d’imposta a parziale compensazione della spesa.
Con questa nuova struttura, l’aggiornamento dei valori catastali (a cadenza fissa o variabile) diventerà un’operazione semplice e veloce e la relativa imposizione fiscale realmente proporzionale; se la banca dati di OMI diverrà più precisa anche i valori catastali lo saranno.
Naturalmente le aliquote delle varie imposte saranno completamente rimodulate nel senso di perseguire una maggiore equità.
Ma andiamo oltre: con un archivio catastale così preciso e aggiornato lo Stato, le Regioni e i Comuni potranno incoraggiare comportamenti virtuosi ed economicamente vantaggiosi; ad esempio, se di ogni unità immobiliare fosse registrata la classe energetica, le imposte potrebbero essere correlate ad essa, attribuendo alla classe più scadente l’aliquota piena e concedendo riduzioni progressive man mano che la classe migliora.
L’ENEA comunica al Catasto la classe energetica e i Comuni rilevano dal Catasto i dati necessari a stimare con precisione gli incassi IMU, eventualmente decidendo di apportare modifiche alle aliquote in presenza di particolari situazioni e non a casaccio.
Finora abbiamo parlato di abitazioni perché rappresentano la stragrande maggioranza delle unità (92%) ma questa procedura è ovviamente applicabile a tutte le destinazioni: quindi, perché mai attendere una improbabile riforma del Catasto, fra cinque o più anni?
Stefano Batisti
Giancarlo Pedretti
geometri professionisti a Bologna

IMU, fabbricati rurali, fabbricati non censiti, rendita catastale, rendita presunta, terreni agricoli e non; AIUTO!

Niente paura: la materia è ostica ma risolvibile, purché si abbia un’idea chiara della situazione dei propri immobili (fabbricati e terreni).

Altrimenti è necessario rivolgersi ad un esperto, che potrà verificare se la situazione catastale dei beni è corretta oppure richiede modifiche o aggiornamenti, anche in termini di convenienza.

In termini di convenienza significa che se una classificazione catastale  imprecisa o impropria comporta un maggior onere in termini di IMU, procedere alla sua variazione non è solo doveroso ma indispensabile.

Ma chi è l’esperto del caso? dobbiamo dire, magari deludendo qualcuno, che non è né il commercialista e neppure il ragioniere, ma solo il Geometra.

Gli altri professionisti possono sapere tutto di aliquote e detrazioni, termini e modalità di pagamento, ma se la rendita o la categoria catastale sono errate non potranno certo fare l’interesse del cliente: infatti i commercialisti più precisi consigliano subito di far verificare la situazione dal Geometra di fiducia.

ICI – e ora IMU – sui terreni edificabili: attenzione!

Secondo la più recente giurisprudenza l’Ici può essere calcolata sul valore venale del terreno anche in assenza dell’approvazione del piano regolatore generale, che può essere solo adottato.

L’imposta dev’essere calcolata sul valore venale del terreno e qui spesso casca l’asino: la possibilità del proprietario di non pagare più del dovuto è maggiore se può dimostrare, eventualmente anche in sede contenziosa, quale sia il valore venale di comune commercio del terreno in questione.

Questo tipo di stima è complesso, in quanto basato su elementi spesso aleatori e per cui difficilmente sono reperibili sicuri valori di riferimento (i cosiddetti “comparabili”): è quindi necessario privilegiare le capacità e l’esperienza dell’estimatore per non dover soccombere alle richieste spesso esose ed immotivate del comune.