La Cassazione ha ripetuto, con la sentenza 25433/2013, che la denuncia dei vizi e delle difformità dell’opera ai fini di cui all’art. 1667 c.c., per impedire la decadenza del committente dalla garanzia, deve contenere una pur sintetica indicazione di quei difetti accertabili anche in un momento successivo.
Non è sufficiente una contestazione generica; nemmeno la disponibilità dell’appaltatore alla concreta verifica dei vizi o delle difformità equivale all’assunzione di un impegno alla eliminazione.
E quindi predisporre una descrizione dei difetti sufficientemente dettagliata, se non già una vera e propria perizia, è indispensabile per far valere le proprie ragioni.
Abuso edilizio e compravendita
La legge n. 47 del 1985 impedisce (art. 40) la commerciabilità degli immobili “abusivi” e quindi anche il preliminare di compravendita (promessa di vendita) di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico è nullo.
Lo dice la sent. 23591 del 2013 della Cassazione (II sez. civ.) per cui la norma può essere interpretata in modo da dedurre il principio generale della nullità degli atti di vendita di immobili non in regola con la normativa urbanistica, a cui si aggiunte la nullità (di carattere formale) per gli atti di vendita di immobili in regola con la normativa urbanistica o per cui è in corso la regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi.
Quest’ultima può essere superata se anche una sola delle parti provvede con atto successivo, ma tale previsione opera solo se la mancanza delle dichiarazioni non dipendeva dall’insussistenza della licenza o della concessione o dall’inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati e, come dice la Cassazione, tale norma non avrebbe senso se tali atti fossero validi sin dall’origine.
Conclusione: il preliminare è nullo se l’immobile non è conforme alle norme urbanistiche.
Morale: a questo punto è ancora più urgente che i venditori facciano controllare per tempo la conformità dei loro immobili, onde evitare brutte sorprese e legittime richieste di danni.
Distanze e finestre
“Finestre” è un termine comune: giuridicamente si distinguono in “vedute” e “luci“.
Le finestre che tutti conosciamo sono “vedute”, perché permettono di affacciarsi e guardare di fronte, obliquamente o lateralmente (art. 900 C.C.); le aperture che danno luce ed aria sono definite “luci” e debbono possedere determinati requisiti (art. 901 C.C.).
La distanza minima prevista tra pareti – di cui anche una sola finestrata – di fabbricati (D.M. 1444/68) è di 10 metri, ma se nella parete sono presenti solo aperture lucifere, cioè luci, non si applica.
L’ha ribadito il Consiglio di Stato con la sent. n. 4451/13, relativa ad un permesso di costruire per il recupero di un sottotetto: la parete perimetrale di questo sorge a quattro metri dall’edificio vicino, ma non è dotata di vedute bensì solo di luci e quindi l’intervento è legittimo.
Rivalutazione terreni 2014
La legge di stabilità 2014 ha prorogato ancora (pare sia la dodicesima volta) i termini per la rivalutazione di terreni e partecipazioni.
Condizioni: possesso al 1° gennaio 2014, perizia giurata e pagamento della prima o unica rata dell’imposta sostitutiva entro il 30 giugno 2014.
Potranno rideterminare il valore dei terreni – sia agricoli che edificabili – anche i titolari di diritti reali (usufrutto, uso, abitazione) limitatamente alla quota posseduta (anche se il bene è a proprietà indivisa).
IMU e fabbricato non ultimato
Per fabbricato in corso di costruzione (F/3) l’Imu da pagare è quella dell’area edificabile su cui il fabbricato viene costruito; se il fabbricato è «finito» ma ancora senza abitabilità/agibilità l’Imu è comunque dovuta.
Secondo il TAR Calabria (sent. n. 530/2013) l’accatastamento del fabbricato, anche se non ultimato, equivale a utilizzazione dello stesso e implica pertanto l’applicazione dell’Imu sull’unità immobiliare costruita, anche se priva del certificato di abitabilità.
Se la convocazione non arriva
La delibera condominiale è annullabile se l’avviso non è stato ricevuto dai condomini almeno cinque giorni prima dell’assemblea in prima convocazione.
Non conta la data di spedizione e nemmeno che la prima convocazione sia andata deserta: ciò è quanto ribadito dalla Cassazione con la sent. 22047/2013; significativo è poi che la riforma del condominio abbia espressamente disposto che il termine dei cinque giorni deve essere riferito alla prima convocazione dell’assemblea.
Attenti al lastrico
Secondo la Cassazione (sent. 15300 del 19/6/2013) il proprietario della terrazza esclusiva la quale svolge anche funzione di copertura comune dell’edificio condominiale è responsabile dei danni da infiltrazioni che derivano da un vizio costruttivo.
Ciò in quanto egli è custode – ex art. 2051 CC – del bene e quindi responsabile esclusivo dei danni da infiltrazioni: non avrebbe dovuto tollerare i vizi costruttivi e quindi avrebbe dovuto agire nei confronti del costruttore, indipendentemente dalla competenza dell’assemblea condominiale sul punto.
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Riformare il Catasto
Hai firmato il progetto?
Il cliente firma le tavole del progetto esecutivo? difficile poi sostenere che il rapporto professionale non è in corso e che la prestazione non è stata accettata.
La Cassazione (sent. 9637/2013) ha rinviato al giudice di merito la sentenza che aveva accolto solo in parte la domanda di un gruppo di architetti ritenendo non dovuto l’onorario per la redazione del progetto esecutivo, e questo perché non era stato dimostrato di aver elaborato e consegnato al Comune il progetto prima dell’avvenuta risoluzione del rapporto.
La Cassazione ha accolto la domanda degli architetti, affermando che la circostanza che le tavole di progetto portavano la firma del cliente rappresenta un elemento probatorio potenzialmente decisivo per dimostrare che la relativa prestazione era stata accettata, con conseguente diritto del professionista al pagamento del compenso previsto.
Successione legittima e diritto di abitazione del coniuge
La recentissima sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 4847 del 27 febbraio 2013) chiarisce che (anche) nel caso di successione legittima il diritto del coniuge del de cuius di abitare la casa e usare i mobili si aggiunge alla quota spettante ex artt. 581-582 c.c.
Le SS. UU. hanno quindi ritenuto che questo diritto debba essere considerato – all’atto pratico – una sorta di prelegato e perciò stralciato dall’asse ereditario prima di procedere alla divisione fra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima.
Sin qui, si potrebbe dire, nulla di strano, in quanto la migliore dottrina e la giurisprudenza più recente erano in tal senso orientate: il problema nasce invece al momento della pratica determinazione del valore di questi diritti.
Trascurando per semplicità il valore del diritto d’uso dei mobili, che nella più parte dei casi potrebbe ragionevolmente coincidere con il loro valore venale (fatta salva l’ipotesi di mobili e arredi di particolare valore antiquario) il problema rappresentato dalla corretta stima del valore del diritto di abitazione è ben noto.
Stima non semplice, che più spesso di quanto si creda viene erroneamente ridotta ad una valutazione di tipo tributario, con ciò ledendo, nella più parte dei casi, i diritti dei coeredi.
E quindi: l’estimo successorio è materia complessa, per le implicazioni che comporta e che incidono sui rapporti più profondi fra le persone; per questo è indispensabile affidarsi alla professionalità di estimatori esperti.
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