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Quando manca l’abitabilità

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Se manca l’abitabilità [oggi agibilità], il promissario acquirente può recedere dal contratto e il promittente venditore deve essere condannato a pagare il doppio della caparra.

La casa che non può essere abitata è infatti un bene inadeguato ad assolvere alla funzione sociale ed economica per la quale doveva essere acquistato. E ciò anche quando oggetto del contratto sono pure un’autorimessa e una soffitta per i quali l’abitabilità non risulta richiesta; questo dicono i giudici della Cassazione (sent. 629/14).

La morale da trarre è la solita: prima di mettere in vendita un bene immobile è indispensabile farne verificare la regolarità; se il tecnico scoprirà qualche problema sarà più semplice ed economico porvi rimedio.

Non si può essere tranquilli nemmeno se l’immobile è già stato venduto prima o proviene da un’eredità: purtroppo queste circostanze non contano nulla ed accorgersi di una irregolarità quando il preliminare è già stato firmato è spesso molto costoso.

Immobile abusivo = preliminare nullo

Se l’immobile è abusivo il preliminare di compravendita è nullo,  anche se il contratto non trasferisce in concreto la proprietà del bene.

Lo dice la Cassazione  (sentenza 28194/13) sulla base del seguente ragionamento: la legge 47/1985 (art. 40) dispone la nullità del contratto definitivo di compravendita se l’immobile è abusivo e non è stata presentata domanda di concessione in sanatoria e pagata la relativa oblazione; quindi, se non è possibile stipulare un valido atto di trasferimento di un immobile urbanisticamente irregolare, allora non è valido neppure il preliminare.

Non perdere tempo

Se i lavori di restauro presentano vizi, il condominio può esperire l’azione di garanzia entro sessanta giorni dalla scoperta del difetto; 60 giorni che decorrono dal momento in cui viene a conoscenza dei vizi occulti (Cassazione III sez. civile sent. n. 26233/2013).

I gravi difetti dell’opera commissionata sono stati accertati, ma il condominio ha perso la causa perché i termini per far valere la garanzia erano scaduti, così come confermato in appello e infine in Cassazione.

La disposizione dell’articolo 1667 c.c. (difformità e vizi dell’opera) è chiara: «il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta». Il termine decorre dal momento in cui il committente ha avuto in ogni modo conoscenza di ciò che prima gli era occulto, senza la necessità di un riscontro tecnico rispetto a quanto già emerso.

E quindi: non c’è tempo da perdere!

Di fronte a vizi e difetti dell’opera è necessaria una contestazione tempestiva (e, come abbiamo ricordato in un precedente articolo, non generica): solo così si eviterà la decadenza.

Rivalutazione terreni edificabili ed agricoli

Come già ricordato, sono stati riaperti i termini per la rivalutazione dei terreni posseduti al 1° gennaio 2014.

Spesso i terreni già oggetto di rivalutazione oggi hanno un valore inferiore a quello a suo tempo determinato; esso deve però essere assunto – in caso di vendita – come valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte.

In pratica, se un terreno rivalutato alcuni anni fa a 200.000 euro viene venduto oggi al prezzo di 120.000 euro, le imposte vengono comunque pagate su 200.000 euro, cioè sul valore normale; non lo si facesse, la determinazione delle plusvalenze seguirebbe le regole ordinarie, con danno per il venditore.

E’ però possibile procedere ad una nuova rivalutazione in diminuzione: se l’imposta sostitutiva pagata in occasione della precedente rideterminazione è maggiore di quella dovuta non si deve fare alcun versamento (e non è possibile il rimborso di quanto pagato in più).

Per potere usufruire di questa possibilità è necessario far predisporre la perizia giurata entro il 30 giugno 2014 oppure entro la data di stipula dell’atto di vendita se anteriore.

Vizi e difformità: no alle contestazioni generiche

La Cassazione ha ripetuto, con la sentenza 25433/2013, che la denuncia dei vizi e delle difformità dell’opera ai fini di cui all’art. 1667 c.c.,  per impedire la decadenza del committente dalla garanzia, deve contenere una pur sintetica indicazione di quei difetti accertabili anche in un momento successivo.
Non è sufficiente una contestazione generica; nemmeno la disponibilità dell’appaltatore alla concreta verifica dei vizi o delle difformità equivale all’assunzione di un impegno alla eliminazione.
E quindi predisporre una descrizione dei difetti sufficientemente dettagliata, se non già una vera e propria perizia, è indispensabile per far valere le proprie ragioni.

Abuso edilizio e compravendita

La legge n. 47 del 1985 impedisce (art. 40)  la commerciabilità degli immobili “abusivi” e quindi anche il preliminare di compravendita (promessa di vendita) di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico è nullo.

Lo dice la sent. 23591 del 2013 della Cassazione (II sez. civ.) per cui la norma può essere interpretata in modo da dedurre il principio generale della nullità  degli atti di vendita di immobili non in regola con la normativa urbanistica, a cui si aggiunte la nullità (di carattere formale) per gli atti di vendita di immobili in regola con la normativa urbanistica o per cui è in corso la regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi.

Quest’ultima può essere superata se anche una sola delle parti provvede con atto successivo, ma tale previsione opera solo se la mancanza delle dichiarazioni non dipendeva dall’insussistenza della licenza o della concessione o dall’inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati e, come dice la Cassazione, tale norma non avrebbe senso se tali atti fossero validi sin dall’origine.

Conclusione: il preliminare è nullo se l’immobile non è conforme alle norme urbanistiche.

Morale: a questo punto è ancora più urgente che i venditori facciano controllare per tempo la conformità dei loro immobili, onde evitare brutte sorprese e legittime richieste di danni.

 

 

Distanze e finestre

“Finestre” è un termine comune: giuridicamente si distinguono in “vedute” e “luci“.

Le finestre che tutti conosciamo sono “vedute”, perché permettono di affacciarsi e guardare di fronte, obliquamente o lateralmente (art. 900 C.C.); le aperture che danno luce ed aria sono definite “luci” e debbono possedere determinati requisiti (art. 901 C.C.).

La distanza minima prevista tra pareti – di cui anche una sola finestrata – di fabbricati (D.M. 1444/68) è di 10 metri, ma se nella parete sono presenti solo aperture lucifere, cioè luci, non si applica.

L’ha ribadito il Consiglio di Stato con la sent. n. 4451/13, relativa ad un permesso di costruire per il recupero di un sottotetto: la parete perimetrale di questo sorge a quattro metri dall’edificio vicino, ma non è dotata di vedute bensì solo di luci e quindi l’intervento è legittimo.

Rivalutazione terreni 2014

La legge di stabilità 2014 ha prorogato ancora (pare sia la dodicesima volta) i termini per la rivalutazione di terreni e partecipazioni.

Condizioni: possesso al 1° gennaio 2014, perizia giurata e pagamento della prima o unica rata dell’imposta sostitutiva entro il 30 giugno 2014.

Potranno rideterminare il valore dei terreni – sia agricoli che edificabili – anche i titolari di diritti reali (usufrutto, uso, abitazione)  limitatamente alla quota posseduta (anche se il bene è a proprietà indivisa).

IMU e fabbricato non ultimato

Per fabbricato in corso di costruzione (F/3) l’Imu da pagare è quella dell’area edificabile su cui il fabbricato viene costruito; se il fabbricato è «finito» ma ancora senza abitabilità/agibilità l’Imu è comunque dovuta.

Secondo il TAR Calabria (sent. n. 530/2013) l’accatastamento del fabbricato, anche se non ultimato, equivale a utilizzazione dello stesso e implica pertanto l’applicazione dell’Imu sull’unità immobiliare costruita, anche se priva del certificato di abitabilità.

 

Se la convocazione non arriva

La delibera condominiale è annullabile se l’avviso non è stato ricevuto dai condomini almeno cinque giorni prima dell’assemblea in prima convocazione.

Non conta la data di spedizione e nemmeno che la prima convocazione sia andata deserta: ciò è quanto ribadito dalla Cassazione con la sent. 22047/2013; significativo è poi che la riforma del condominio abbia espressamente disposto che il termine dei cinque giorni deve essere riferito alla prima convocazione dell’assemblea.